
Il titolo del team polacco Polyamorous Games si presenta con una veste grafica ben curata, che regala un colpo d'occhio difficilmente trascurabile e un'ambientazione che rievoca fatti storici della Seconda guerra mondiale, rivisitati dagli sviluppatori. Siamo in una Polonia devastata, in un periodo immaginario post-apocalittico. Il nostro personaggio è insolitamente giovane, specie per un'avventura così angosciante: ha solamente 12 anni. Impersonandolo, ci addentreremo fra gli oscuri segreti celati nei bunker nazisti, per ricostruire oscuri eventi che rivivrà attraverso documenti e flashback, che riporteranno alla luce un passato funestato da eventi indicibili.

Veniamo catapultati in un mondo che ha visto un epilogo della Seconda guerra mondiale, differente da quello raccontato nei libri, dove l'intervento degli americani sarebbe avvenuto solamente nel 1955, dando la possibilità ai tedeschi di creare una vera e propria città sotterranea, il cui scopo era quello di proteggere dagli attacchi nemici, una schiera di uomini e donne "meritevoli".
Nell'immaginario del team Polacco, la Germania decide di prelevare i suddetti cittadini, di portarli nella città sotterranea e radere al suolo la Polonia utilizzando armi nucleari che lasceranno residui radiottivi in grado di tener lontani i nemici, permettendo alla popolazione nel sottosuolo di vivere e proliferare in quello che viene definito Projekt Riese. Quest'ultimo è il progetto tedesco volto a creare una rete sotterranea di edifici in grado di garantire la sopravvivenza della loro civiltà d'élite.
Il nostro giovane protagonista ha perso da poco la madre e, rovistando fra i vecchi ricordi, trova una foto che immortala la madre assieme ad un uomo, con sullo sfondo un elemento ben riconoscibile e riconducibile a uno dei bunker sotterranei. Qui ha inizio la sua avventura, ambientata negli anni '80 e caratterizzata da una trama ricca di eventi.
Paradise Lost è un'esperienza che ricorda le caratteristiche avventure grafiche degli anni '90, ma con una veste grafica moderna e un sistema di movimento che ha soppiantato il vetusto punta e clicca in favore di un movimento libero, in prima persona. Da subito, il gioco ci comunica un incedere lento e cadenzato, guidato da un sistema di movimento che prevede una camminata a passo lento o, in alternativa, una camminata a passo veloce, ma mai potremo correre. Le zone proposte sono disseminate di documenti, grazie ai quali potremo ricostruire la fitta trama, oggetti che possono rievocare immagini dal passato e altri che, semplicemente, testimoniano azioni quotidiane, sprazzi di vita in quei sotterranei vuoti e ormai abbandonati. Un gruppo di ribelli polacchi riuscì infatti, ad entrare in uno dei bunker e a eliminare i tedeschi all'interno, interrompendo così i piani di costruzione di armi atomiche, atte a devastare il mondo superiore una volta pronte. Ma cosa è accaduto dopo?

La solitudine sarà un elemento costante, interrotto solamente dalla comunicazione attraverso le radio dei Bunker, con Ewa, una ragazza dispersa e in cerca di aiuto.
La storia è suddivisa in cinque capitoli, che rappresentano le cinque fasi di elaborazione del lutto (negazione, rabbia, negoziazione, sofferenza e accettazione).
Il gameplay è piuttosto ridotto all'osso: dovremo infatti limitarci a camminare, leggere documenti testuali e interagire con leve, sistemi di comunicazione, scale o superfici su cui salire o scendere ma, solo e unicamente, attraverso animazioni che spesso risultano rallentare ulteriormente il gameplay.
Se in passato siamo stati abituati a risolvere enigmi o puzzle ambientali per portare a termine le nostre esperienze, in Paradise Lost non dovremo spremere le meningi, le poche interazioni ambientali infatti, si palesano in semplici azioni quali raccogliere determinati oggetti posti bene in vista, aprire porte o sbloccare leve poco prima bloccate. Insomma, il team Polyamorous Games rinuncia a una meccanica che caratterizza il genere di provenienza, svestendolo e presentandoci un walking simulator con una narrazione che diventa il fulcro del nostro incedere.

Se il comparto grafico risulta essere ben curato e dettagliato, non possiamo dire lo stesso di quello audio. La colonna sonora risulta essere piuttosto piatta e poco ispirata, non adatta a melofili o a chiunque sia in cerca di un ambiente sonoro emozionante, tuttavia accompagna degnamente la nostra avventura amalgamandosi all'ambientazione proposta.
Gli effetti sonori peccano di alcuni difetti trascurabili ma che avrebbero potuto arricchire l'esperienza in modo più convincente. Riverberi troppo marcati, passi del protagonista insolitamente pesanti e suoni, in alcuni casi poco realistici considerati gli ambienti, sporcano un comparto audio che, come detto in precedenze, avrebbe potuto migliorare un'avventura povera di gameplay.