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The Division 2: La Recensione - "More of the same, but better"

19 aprile 2019

Anche la recensione di The Division 2 da parte del nostro team ha ritardato un po’ i tempi di pubblicazione dato che, così come è stato per Anthem, abbiamo voluto approfondire il più possibile le meccaniche, lo sviluppo del gameplay, le attività dell'end game e la potenziale rigiocabilità del looter shooter di Ubisoft.

La software house transalpina pubblica il 22 Marzo 2019 il secondo capitolo dell’affascinante sparatutto in terza persona targato con il nome del celebre colonnello Clancy, che ha conquistato i cuori di milioni di giocatori con la sua prima edizione e che punta a fare di meglio con The Division 2. Dopo le vicende di New York siamo ora chiamati a vestire i panni di un nuovo agente e a raggiungere la capitale degli Stati Uniti d’America, Washington DC, bersaglio di organizzazioni anarchiche che minacciano la rinascita della nazione imponendo il loro potere con la forza.

Una storia non narrata

La situazione non è ben chiara all’inizio. Nel mondo di The Division 2 gli Stati Uniti d’America sono stati messi in ginocchio da un virus e di conseguenza la società è collassata. Per le strade di DC si muovono solamente militanti delle diverse organizzazioni criminali, anarchici che puntano a prendere in mano la città con la forza, e sopravvissuti che conservano nei loro accampamenti un minimo di civiltà e buonsenso. Siamo arrivati fino alla capitale per combattere centinaia e centinaia di nemici solo perché una tizia, apparentemente un nostro superiore, ci ha detto di andare. Potrei provare ad informarmi più approfonditamente sui motivi che ci portano a DC, del perché proprio noi, su cosa ci sta minacciando e sulle persone che incontriamo, ma la dura verità, forse per certi versi neanche troppo scomoda, è che non ci interessa veramente. Il gioco non mi ha dato mai quello stimolo di andare a ricercare particolari informazioni sugli avvenimenti che stavo vivendo in prima persona, e neanche ce li serve su un piatto d’argento, ma per puro scrupolo personale sono andato più volte a consultare le documentazioni acquisite durante una spedizione, come documenti, audio-log o riproducendo i files ECHO, e la cosa sembrava essere completamente fine a sé stessa, inutile al mio coinvolgimento nelle missioni o nell’esplorazione.


La trama non sembra essere poi così importante, o almeno essenziale, per stimolarci a continuare per vedere come va a finire. Complice di questo disinteresse sono sicuramente le cutscenes poco intrattenitive, lente e per nulla esaltanti così come l’ormai seccante fatto che il mio alter ego non solo non parla, ma è anche privo di qualsiasi tipo di espressività che possa coinvolgere in qualche modo agli avvenimenti su schermo. Ciò che è sufficiente sapere per immergersi nel gioco è il contesto: un’apocalisse socio-politica che ha trasformato le civilizzate e progredite città di una volta in un campo di battaglia che non fa sconti a nessuno.

Il nostro alter ego è un agente della Divisione, membro di un’unità d'élite chiamata a difesa della nazione quando una grande minaccia sta incombendo. Come avrete capito non è la storia la parte importante del titolo. The Division 2 non ha quella forza narrativa capace di trascinare il pubblico. Quello che affascina veramente è il contesto narrativo, la lore, gli avvenimenti noti che ci hanno portato sino a questo punto.

La deludente qualità del comparto narrativo però non ha nulla a che vedere con la qualità costruttiva delle missioni, con il level design e i dettagli che caratterizzano gli ambienti di gioco (sia per quanto riguarda quelle primarie che secondarie). Gli autori riescono a catapultare il giocatore in ambienti credibili, divertenti e stimolanti, arricchendo ogni spazio esplorabile di dettagli fortemente coinvolgenti e di uno straordinario colpo d’occhio, riuscendo a mantenere un livello quasi sempre alto. Alcune missioni, la minor parte, presentano delle caratterizzazioni anonime, che non reggono il confronto con le altre, ma comunque godibili e per nulla noiose.

Uguale ma meglio

In questi anni trascorsi, da quando ho abbandonato il titolo originale fino alla prima partita con questo nuovo capitolo, ho avuto l’impressione di essere tornato a casa. Tutte le meccaniche ed i contenuti che avevo abbandonato a fine supporto in The Division li ho ritrovati all’inizio del secondo capitolo. E’ come se, in un certo senso, The Division 2 fosse un’enorme espansione del suo predecessore, che mette nelle mie mani la continuazione diretta del rilascio dei contenuti. Invece Ubisoft cambia setting, aggiunge nuove attività e arricchisce la varietà di nemici rendendo il tutto estremamente più interessante. Gran parte del gioco si svolge esattamente come prima: mappa suddivisa in più regioni da liberare, pulire e ripercorrere decine e decine di volte. Ma il rischio di cadere nella solita banale ripetitività è stato in qualche modo eliminato. Se dopo un po’ New York ci sembrava vuota e prevedibile, Washington DC è sempre ricca di stimoli, attività, strade alternative e missioni che, anche se ripetute più volte, sono riuscite a darmi la sensazione che qualcosa di differente c’era,  eccome. Di base il gameplay è sempre lo stesso, ovviamente con qualche ritocco d’obbligo. Di fatto le meccaniche non necessitavano di uno svecchiamento o una rivoluzione. I sistemi di shooting e quello delle coperture dinamiche funzionano esattamente allo stesso identico modo, ma presentano un set di animazioni più ricco e curato. Le sparatorie diventano gradualmente sempre più complicate, mettendomi alla prova diverse volte, costringendomi a riorganizzare il mio loadout e a testare tipi di armi differenti.

Scompare definitivamente l’abilità Ultimate (quella che si abilitava premendo i dorsali sinistro e destro contemporaneamente) che lascia il passo alle specializzazioni che metteranno nelle vostre mani una delle tre armi speciali disponibili fino ad ora nel gioco. Si tratta di armi molto potenti ed ulteriormente potenziabili nel dedicato albero delle abilità,  dove troverete anche potenziamenti statistici per il vostro personaggio. Questo però accadrà solo una volta raggiunto l’end game, ovvero dopo aver completato tutte le missioni primarie presenti sulla mappa di gioco. Prima di allora, il sistema di avanzamento risulterà il medesimo delle numerose produzioni che hanno scelto l'approccio del looter shooter per caratterizzare il miglioramento del personaggio.


I loot non mancheranno in nessun caso. Durante l’esplorazione e dopo un combattimento il suolo si riempirà sempre più spesso di colonnine colorate che segnalano armi, rifornimenti, equipaggiamento e modifiche che torneranno utili per migliorare la build del nostro alter ego. Se altri esponenti del genere vengono criticati per la penuria di loot o per la difficile scalata al level cap, The Division 2 rende le cose anche fin troppo semplici. Tirar fuori dai drop il loadout migliore ogni volta richiede poco tempo, ma quello di aprire l’inventario e passare in rassegna le novità sarà un procedimento fin troppo ridondante. Nelle prime fasi di gioco, quando finalmente sembrava avessi trovato l’arma adatta a me, quella che mi dava particolare soddisfazione ad usarla contro ondate e ondate di nemici, mi sono sentito costretto a sostituirla con una antipatica e scomoda per il mio stile di gioco, e di una tipologia alla quale non mi sarei mai avvicinato in differenti circostanze. Questo perché alcune missioni mi richiedevano un aggiornamento del mio loadout per essere affrontate facendomi sentire costretto a rinunciare troppo presto a quel MP5 Tattico per imbracciare un fucile a pompa di livello superiore. In un certo senso The Division 2 ha dato solo l’illusione di avere una libertà di scelta mentre, in realtà, mi imponeva di sostituire le mie armi appena possibile. In questo caso avrei di certo preferito la possibilità di aumentare il livello della mia arma con qualche sorta di potenziamento al banco da lavoro piuttosto che gettarla via.


Qualche veloce parola vorrei spenderla sugli shotgun/fucili a pompa che sembrano essere completamente sbilanciati se messi a confronto con le altre armi. Se all'inizio sembra che facciano esattamente quello che ci aspettiamo, andando avanti con il gioco e raggiungendo un livello più avanzato, gli shotgun iniziano ad essere completamente obsoleti. Un giocatore si aspetta che l’efficacia di un’arma del genere possa essere super efficace nel combattimento ravvicinato, invece, in un certo senso, sembra che più che proiettili sparino carezze. Nel pvp la cosa va anche un po’ meglio ma, comunque, sempre poco credibile.

 

Il nostro agente sarà perennemente affiancato in battaglia dalla tecnologie SHADE e da alcuni gioiellini che potranno fare la differenza durante uno scontro. In The Division 2 si evolvono quegli elementi che hanno caratterizzato il gameplay del primo capitolo, riproponendo e migliorando gadget tecnologici di vario tipo ed utilità, ognuno con una differente versione di se stesso. La scelta è varia ed ogni opzione sembra tanto interessante quanto originale.

C'era una volta in America

Anche se al primo impatto con il comparto grafico è stato alquanto deludente (mi riferisco alla creazione del personaggio qualitativamente poco in linea con il resto della produzione), una volta che inizi ad assaggiare con lo sguardo gli ambienti di DC non puoi far a meno di innamorartene. Sin dal lancio di Ghost Recon: Wildlands l’impegno di Ubisoft nel creare rappresentazioni ambientali credibili, vaste e straordinariamente dettagliate è stato rimarchevole. The Division 2 è uno dei pochi titoli ambientati nella capitale degli USA e sicuramente l’unico che ne ha rappresentato un’area così vasta. Ogni paesaggio, ogni vicolo, ogni missione garantisce un impatto visivo eccezionale, suggestivo. Luoghi emblematici come la Casa Bianca ed il suo gigantesco cortile, il Campidoglio o il Lincoln Memorial, piuttosto che le non curate vegetazioni che infittiscono il verde che cresce attorno al fiume Potomac, sono uno spettacolo per gli occhi. La credibilità dei paesaggi è arricchita da effetti particellari, illuminazione realistica e dettagli che fanno la differenza. Abbiamo potuto constatare, in prima persona, l’effettivo miglioramento dei dettagli ambientali, mostrati in primo luogo con le immagini di presentazione del titolo durante l’E3 dello scorso anno. L’unica (ma non per questo trascurabile) pecca sono i modelli dei personaggi, sia quello giocabile sia gli NPC che incontriamo durante la nostra avventura. I volti delle persone sembrano estremamente innaturali, plasticosi ed inespressivi.

La grandezza della mappa è bene o male pari a quella della New York del capitolo originale, ma offre almeno il doppio di attività affrontabili. Avamposti da liberare, progetti giornalieri, settimanali e permanenti, attività temporanee, missioni secondarie e boss che spawnano randomicamente lungo le vie della città. La varietà di queste è senza precedenti in titoli del genere ed offre ore ed ore di intrattenimento anche quando vi sembra di non aver più nulla da fare. Anche la semplice esplorazione delle varie regioni offre un’enorme quantitativo di attività da intraprendere, che possono avere inizio in qualunque punto della mappa, da un momento all’altro. In più il giocatore sarà incentivato ad esplorare all’interno di enormi edifici, piuttosto che insidiosi vicoli, alla ricerca di componenti e pezzi di tecnologie sparsi per tutta la città allo scopo di accumulare una quantità sufficiente per la costruzione o il miglioramento di armi ed equipaggiamento. Esplorando sarà facile reperire anche frammenti di tecnologia SHADE, utile a migliorare il nostro equipaggiamento da agenti della Divisione, e collezionabili quali file Echo, audio, testimonianze video o documenti che possano integrare la nostra conoscenza sui duri tempi che affliggono la popolazione della capitale. The Division 2 offre inoltre differenti attività “segrete” che possono essere avviate secondo differenti modalità, come ad esempio quella per collezionare tutte le maschere dei cacciatori.

Dark Zone 2.0

Tre regioni della mappa di gioco sono evidenziate di viola, colore che sta ad indicare la delimitazione delle aree Dark Zone. Le modalità di approccio che stanno alla base della Zona Nera sono le medesime del vecchio capitolo, dunque saranno perennemente popolate da noi, agenti traditori, mobs e attività PVE che possono attirare l’attenzione di tutti i giocatori connessi in quella determinata zona. Qualche piccolo aggiustamento però era d’obbligo dato quanto risultasse sbilanciata la prima versione della Zona Nera e di tutte le sue fasce. Avventurarsi in queste regioni ibride di PVE e PVP risulterà infatti essere molto meno proibitivo e frustrante grazie ad alcune meccaniche che le hanno rese leggermente più friendly. Ora, come è giusto che sia, essere il cattivo potrebbe essere un po’ più sconveniente. Torrette che ti freddano sul posto se ti avvicini all’entrata della DZ da agente traditore, pulsante dedicato per dichiarare di voler tradire piuttosto che usare direttamente il fuoco amico, regioni più piccole ed isolate (non puoi scappare per sempre) e nuove attività che aumentano sia l’esperienza guadagnata che il pericolo di essere cacciati dagli altri giocatori rendono spesso la vita più difficile a chi sceglie di abbracciare il lato oscuro della Divisione, ma bisogna dire anche che rendono il tutto maledettamente divertente. Le Zone Nere sono quindi diventate più fair che friendly, e garantiscono quel giusto quantitativo di tensione che serve per diventare assuefacente. Purtroppo, giocando, sono capitato spesso in sessioni spopolate che hanno trasformato quei piacevoli brividi di tensione in sbadigli di noia pura. Forse aumentare la popolazione di agenti nella stessa sessione sarebbe la soluzione che manterrebbe le cose sempre interessanti e mai banali.

The Division 2 offre anche un’esperienza PVP decisamente più accattivante di quella aggiunta, in un secondo momento, durante la fase espansionistica del primo titolo, ma ancora povera di modalità di gioco che possano mantenere l’utenza interessata. Al momento ci sono solamente due modalità di gioco: deathmatch a squadre e conquista. Per intenderci: entrambe non si allontanano troppo da quanto visto in Gears of War e le modalità secondo le quali si svolge una partita sono pressoché le stesse. Sia la modalità PVP, che prende il nome di Conflitto, che la Dark Zone hanno un sistema di progressione completamente separato da quello dell’esperienza principale del gioco, al quale però potranno contribuire offrendo al giocatore preziose ricompense che arricchirebbero l’arsenale e le potenzialità dell’equipaggiamento del vostro agente.

Endgame, ma siamo solo a metà

Una volta raggiunto il livello 30 e completate tutte le attività di gioco il nostro agente raggiunge la fase di endgame. In giochi del genere questa è una delle parti essenziali, più delicate ed interessanti. I titoli a sviluppo continuo puntano ad avere un endgame impeccabile in modo tale da tenere alta l'attenzione del giocatore anche in quella parte di esperienza nella quale si inizia a giocare un po’ con la ripetitività delle attività precedentemente portate a termine. A darci il benvenuto in questa fase non ci sono i titoli di coda, bensì un invito a compiere nuovamente l’impresa di liberare DC, ma di farlo affrontando più variabili di quelle presenti durante il corso della “prima run”. Una nuova fazione nemica si unisce alla battaglia, i Black Tusk, dotati di armamenti e tecnologie di cui  le altre fazioni non dispongono, aumentando il livello di sfida. I livelli scompaiono e lasciano spazio al gear score che dovrà essere scalato fino a raggiungere il cap di 500. Ma non è finita qui.


Esattamente come succedeva in The Division il mondo di gioco è diviso in fasce da 1 a 5, ma questa volta il giocatore non potrà scegliere la difficoltà del gioco libero,  dovendosi quindi adattare alla crescente pericolosità dei nemici. Fino alla fascia 5 questi non risultano mai essere un ostacolo insormontabile, dopo di che la vittoria inizierà ad essere sudata missione dopo missione. L’intelligenza artificiale diventa meno prevedibile e i colpi nemici molto più efficaci rispetto a prima. A venirci incontro durante i combattimenti, però, non manca mai l’ingenuità dei nemici che usciranno spesso dalle coperture, anche senza motivo, lasciando in balia delle nostre armi tutto il corpo.


Durante l'end game vengono poi introdotte delle nuove missioni primarie. Si tratta delle stesse missioni affrontate durante la prima fase del gioco, ma rivisitate, offrendo una variante completamente dedicata alla nuova fazione da sconfiggere: i Black Tusk. Queste potranno essere affrontate a difficoltà ancora più ostiche e garantiranno una ricompensa decisamente più gratificante.

In conclusione sembra che Ubisoft abbia deciso di riprovare una formula che non aveva convinto a pieno al primo tentativo, ma che di certo aveva attirato su di sé tutta l’attenzione di un mercato che cerca qualcosa di diverso. Abbiamo guardato l’annuncio di questo nuovo capitolo sia con scetticismo che con una voglia matta di tornare a liberare una nuova città caduta. La paura di ritrovarci tra le mani un nuovo esperimento tutt’altro che convincente si è fatta sentire fino all’ultima ora di attesa, ma il risultato è stato tutt’altro che poco convincente. The Division 2 offre un’esperienza unica nonostante abbia un sapore già conosciuto. Ubisoft Massive riesce a dare più sapore ad una ricetta che per anni ha cercato di migliorarsi sotto forma di diverse produzioni, riuscendo anche ad affermarsi come l’esperienza più completa del panorama looter shooter. Se da un lato la qualità narrativa non ha mostrato il minimo sforzo a farsi apprezzare, dall’altro il gameplay sembra completo, migliore e instancabile. La progressione è forse un po’ troppo immediata, ma la struttura del gioco, in tutta la sua longevità, riesce a non ripetersi mai in maniera troppo banale, offrendo al giocatore diversi stimoli per continuare ad esplorare, ripulire e conquistare le regioni di Washington DC.

Conclusioni

( Clicca su uno dei voti per leggerne la motivazione )
6.5 Storia/Narrazione
9.0 Gameplay
9.5 Grafica
9.0 Comparto Audio
8.5 Multiplayer

Storia/Narrazione

Della serie “leviamoci prima i sassolini dalla scarpa”, parliamo di quanto male abbia fatto Ubisoft nel proporre un gioco così convincente con un comparto narrativo ed una scrittura della trama così debole e mal fatta. Siamo tutti d’accordo che si tratti di un elemento poco essenziale per la buona riuscita di un videogioco del genere, ma altre produzioni recenti hanno dimostrato che nonostante tutto è possibile scrivere una trama almeno degna di nota. The Division 2 ci chiede prima di creare un personaggio dandoci un editor più ricco della sua prima versione, facendoci credere di poter immedesimarci nel nostro alter ego e di poter conquistare la gloria attraverso le sue gesta. Ma, per la durata di tutta l’esperienza, non risulta altro che essere un manichino ai nostri comandi, privo di espressività, privo di qualsiasi tipo di coinvolgimento negli eventi narrati. Una semplice voce anonima e due righe di testo da recitare avrebbero reso il tutto più convincente ed interessante.

gamepad

Gameplay

Il gameplay non si discosta molto da quanto visto in The Division. Si basa sul solito sistema di coperture visto anche in altre produzioni e su un sistema di progressione poco originale ma sicuramente ben strutturato. L’essenza del gioco va ricercata nella grande varietà delle attività, sia PVE che PVP. La mappa di gioco è ampia e garantisce ore ed ore di intrattenimento sia per utenti perfezionisti e dediti, che per i più grossolani che trascurano le attività di minor rilievo. Interessante la nuova versione della Dark Zone. In questo frangente il team è riuscito a rendere le cose più divertenti, meno complesse e alla portata di tutti. Allo stesso modo l’end game garantisce una sorta di rigiocabilità parziale delle quest affrontate durante la prima fase, ma viene arricchito da nuove variabili che stuzzicano l’interesse del giocatore e lo tengono attento, settimana dopo settimana, fino all’introduzione di nuovi contenuti.

Grafica

Il colpo d’occhio in The Division 2 è assicurato. Su tutti i sistemi il comparto grafico riesce a convincere, ma su PC il risultato degli sforzi del motore grafico è impressionante. Ogni paesaggio che costituisce una parte della versione virtuale della capitale USA è credibile e affascinante. Abbiamo sicuramente visto mondi più vasti ed accattivanti, ma la riproduzione di ambienti urbani difficilmente ha raggiunto questi livelli prima d’ora.

Comparto Audio

Per quanto possa risultare banale e per nulla centrale nella produzione, la colonna sonora è veramente ben riuscita. Le sonorità del tema di The Division 2 sicuramente non passeranno alla storia o gareggeranno per l’ambito premio dei The Games Awards, ma il loro successo sta nel rendere riconoscibile l’appartenenza al titolo Ubisoft grazie alla sua originalità. Il doppiaggio, nonostante non sia dei migliori (non che ci sia poi tanto da interpretare), riesce a far centro senza particolari difficoltà. Credibile. Per quanto riguarda le tracce ambientali, invece, non possiamo che fare i più sinceri complimenti al team. Attraversare gli agglomerati urbani tra echi di colpi di arma da fuoco in lontananza o di animali randagi che calpestano il caldo asfalto, farsi strada tra la fitta vegetazione del West Potomac Park tra i suoni più naturali ed incontaminati, o essere investiti dal frastuono dei tuoni durante una tempesta che sembra far tremare l’intera città, ci ha fatto apprezzare profondamente il risultato ottenuto da Ubisoft Massive. Impressionante.

Multiplayer

Il multiplayer di The Division 2 è caratterizzato da due anime. La prima è quella pura e competitiva che prende il nome di Conflitto, capace di mettere sul campo di battaglia l’agonismo dei giocatori riuscendo così a intrattenere per diverse ore senza stancare. La seconda, invece, è quella delle Zona Nere, più intensa ed incerta, capace di mantenere alta la tensione fino all’ultima estrazione. The Division 2 riesce a migliorare, anzi a cancellare l’esperienza del primo capitolo mettendo in campo delle meccaniche nuove ed unendole a quelle già collaudate, e riesce a tirari fuori il miglior aspetto che una tale modalità avrebbe mai potuto avere.

Quello che è The Division 2 salta fuori un po’ a sorpresa lasciando l’amaro in bocca a chi era sicuro di rivedere nel titolo gli stessi pregi e difetti del capitolo originale. Ubisoft Massive invece riesce a far tesoro dell’esperienza accumulata in passato e sforna un prodotto quasi eccellente, che riesce a convincere e a cancellare le delusioni di un primo approccio tutt’altro che impeccabile. Impossibile non apprezzare il lavoro e la mole di dettagli che sono serviti a dare vita ad una Washington DC credibile, ad un gameplay che convince e a meccaniche rifinite tanto da rendere l’esperienza di gioco come una delle meglio riuscite di questa generazione. Purtroppo il comparto narrativo è una ginocchiata nelle costole e non lo riteniamo neanche lontanamente all’altezza del resto della produzione. Ma The Division 2 ha il tempo e le potenzialità di meravigliarci in futuro con miglioramenti anche sotto questo aspetto. Trattandosi di un titolo a sviluppo continuo ogni aggiornamento potrebbe essere il giusto pretesto per arricchire un universo di gioco dal potenziale così ampio e dotato di un contesto socio-politico così affascinante. Ci sentiamo di premiare questo titolo e il lavoro sodo che il team ci ha messo dentro in questi anni e di consigliare questa nuova esperienza a tutti gli amanti dei TPS là fuori, che però dovranno attendere ancora per assistere ad una rivoluzione del genere e accontentarsi di un “già visto” fatto meglio di tanti altri titoli.

8.5

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