Call of Duty è tornato, e lo ha fatto mostrandosi al mondo in una delle sue forme più complete ed apprezzabili. Si parla della serie Black Ops, ormai alla quarta edizione, che decide di non essere un sequel canonico ma che sembra quasi voler interpretare il ruolo di una “definitive edition” dei suoi predecessori.
Se negli ultimi anni Activision è stata additata per l’eccessivo copia e incolla nei vari capitoli, questa volta c’è da complimentarsi, in special modo con il team Treyarch, per le aggiunte che modificano drasticamente il frenetico gameplay tipico della serie. Quello che ne esce fuori è una sorta di ibrido tra il classico CoD ed un hero shooter.
Barre della vita appaiono sulle teste di alleati e nemici e in basso, al centro dello schermo, vengono mostrate in bella vista le nostre abilità speciali. Esattamente come succedeva in Overwatch, ad esempio, segnare punti in battaglia significa velocizzare il cooldown di “super” e del gadget, differenti da specialista a specialista o, se vogliamo, da eroe a eroe. La modifica più rilevante è, però, la mancanza di una rigenerazione automatica, sostituita da quella manuale. Quest’ultima cambia le carte in tavola in ogni situazione, costringendo, così, il giocatore a fare i conti con tempi di cura e di ricarica dell’arma che rallentano, anche se minimamente, il ritmo di gioco. Complice, inoltre, il percettibile aumento del time-to-kill che, nella maggior parte dei casi, garantisce un minimo di tempo per reagire e provare a ribaltare la situazione.
Molto apprezzato è l’impegno degli sviluppatori nel rispondere ai feedback degli appassionati, ormai stanchi di vedere wall run, jetpacks ed esoscheletri futuristici inquinare eccessivamente la scena, riportando, così, in tutti i sensi, il titolo con i piedi per terra ed impegnandosi a migliorare aspetti che, effettivamente, iniziavano ad essere eccessivamente ridondanti.
Se da un lato il team cerca di plasmare l’esperienza Call of Duty definitiva, dall’altro preferisce seguire una politica più conservativa per quanto concerne il suo più grande tallone d’Achille: il respawn point. Questo rischia di castrare il divertimento e fare spazio alla frustrazione di chi è vittima di ripetuti spawnkill, non essendo efficacemente tutelato dall’algoritmo che valuta la sicurezza di un punto di rigenerazione. Nulla di nuovo quindi.
Andiamo ora a dare un'occhiata più da vicino al pacchetto d’offerta di questa edizione. Per farlo non possiamo non cominciare proprio dalla grande assente: la Campagna giocatore singolo. I fatti sono ormai noti da mesi e a quanto pare, stando ai pareri di gran parte dell’utenza, la modalità Storia stava diventando, ogni anno sempre di più, la modalità che meno attirava i gamers. Avendo molte carte da giocare per costruire il successo del titolo, Treyarch ha preferito non impiegare risorse preziose per quest’ultima, concentrandosi invece sulla modalità Blackout, appunto la Battle Royal: scelta però poco gradita dai fan di vecchia data. Del resto, le mode sono mode e non tentare di cavalcare l’onda sarebbe stato un errore. Sappiamo bene quanto il mercato videoludico sia saturo di Battle Royal e questa è la prima volta che un team con così tanta esperienza si cimenta nel genere. Ma ne parleremo tra poco.
Nella sezione del menù “QG Specialisti” è comunque presente un minimo di filone narrativo, manifestandosi in cinematiche e in veri e propri addestramenti per imparare a conoscere più da vicino ogni specialista disponibile nel multiplayer. Questa soluzione, tuttavia, non arriva neanche lontanamente a sopperire la mancanza di una Campagna single player, offrendo solamente un misero “contentino” a chi qualche cosa voleva proprio farsela raccontare.
Lasciamoci ora alle spalle questa scelta infelice per spostare l’attenzione su elementi che, in sede valutativa, fanno la differenza in positivo.
La modalità multiplayer, come avrete intuito dalla parte iniziale della recensione, ci ha convinto. Se ho detto che sembra essere una “definitive edition” è perché gran parte delle mappe disponibili al lancio sono una versione rinnovata di quelle che hanno fatto la storia della sottoserie Black Ops. Sia gameplay che setting, dunque, mostrano le stesse caratteristiche. Un pizzico di novità e basi ben consolidate e familiari, che soddisfano chi ha sempre apprezzato lo stile della serie e, allo stesso tempo, strizzano l’occhio a chi voglia cimentarsi in un gameplay almeno in parte differente. Come sempre, infatti, livellare significa sbloccare nuove armi e nuovo equipaggiamento e segnare una “serie di punti” sufficientemente elevata garantisce i consueti vantaggi in partita.
La varietà delle modalità di gioco, poi, resta la più ricca sul mercato.
Insomma il buon vecchio CoD.
Gli eroi che si scontreranno a suon di pallottole sono al momento dieci e le abilità a loro disposizione sono abbastanza bilanciate, oltre che combinabili qualora si riesca a fare un buon gioco di squadra. Ovviamente alcuni permetteranno un feeling più immediato e confortevole di altri ma, comunque, ognuno di questi garantirà grandi vantaggi anche singolarmente se usati come si deve.
La Battle Royale secondo Treyarch
Blackout è sicuramente il piatto forte del menù di quest’anno, che adatta un gameplay frenetico e solido ad una modalità di forte carattere survival, ancora oggi nel pieno centro dell’attenzione dei videogiocatori. A dirla tutta, l’annuncio di questa modalità in un gioco così importante come CoD ci ha fatto pensare male, ma sperimentare in prima persona la novità, già durante il periodo di open beta, è stato sufficiente a farci cambiare idea e a farci apprezzare il riadattamento. Quella che dunque ci aspettavamo come una forzatura si è rivelata un’esperienza godibile e divertente.
Come ogni altro esponente del genere, la conquista della vittoria è affrontabile in singolo, doppio o in tre o quattro giocatori, prendendo ispirazione a piene mani dalle tipiche meccaniche di cooperazione durante la sopravvivenza da chi, prima di lui, è riuscito a fare bene.
Lootare, organizzare l’inventario e personalizzare il nostro loadout è semplice ed intuitivo su PC, sintomo di un’eccellente ottimizzazione dei comandi e dell’interfaccia giocatore, mentre soffre di un sistema lento e macchinoso pad alla mano.
L’elemento survival non riesce ad eclissare il ritmo “coddoso”, incoraggiandoci ad ingaggiare lo scontro quando possibile e ad evitare lunghe attese dietro un riparo sicuro. La mappa è di proporzioni generose ma non eccessive e riesce ad alternare efficacemente la verticalità di altopiani e palazzi alle distese aperte e spoglie di coperture. Anche qui Treyarch richiama la nostalgia dei videogiocatori più attaccati alla serie, costruendo l’intero campo di battaglia utilizzando alcune delle più celebri mappe dei multiplayer dei tre capitoli precedenti.
Le partite non durano tantissimo: il tempo a disposizione dei giocatori per entrare nella zona sicura è relativamente breve e, nella stragrande maggioranza dei casi, bisogna approfittare del poco tempo per equipaggiarsi al meglio tra una restrizione e l’altra, fino ad arrivare all’ultima, tanto piccola da costringerci a saltare fuori dal riparo per contendere il gradino più alto del podio con chi, come noi, è riuscito ad arrivare fino alla fine.
Il gameplay gode della stessa solidità che troviamo nelle partite classiche in multigiocatore, il che non può che rafforzare il giudizio che riserviamo a questa novità.
Anche la modalità Zombie è riuscita a farsi notare. Quest’anno i più coraggiosi “ammazzazombie” tra di voi saranno più che soddisfatti nel mettere le mani su una modalità tanto curata quanto divertente e che, già dal day one, mostrava di avere le carte in regola per essere la più ricca di sempre.
Due sono le mappe disponibili per tutti al lancio, tre per chi possiede il season pass. Tutte godono di due tipologie di filone narrativo differente: etere e caos.
La struttura delle meccaniche che ruotano attorno al punteggio, alle classi e ai bonus è di ottima fattura e garantisce un’esperienza godibile ed accessibile a tutti. Questo anche grazie alla selezione della difficoltà, la quale permette una durata media delle sessioni non troppo proibitiva tanto quanto lo era nei precedenti anni.
Quello che descrivo in questa recensione è un prodotto meritevole d’attenzione e, probabilmente, con tutte le carte in regola per farvi aprire il portafoglio e portarlo a casa vostra. Ma c’è da tener conto di altri fattori, i quali, per ovvi motivi, non influiranno sul giudizio finale del titolo ma che devono, comunque, essere noti a chi prende in considerazione l’idea di investirci sopra.
Al day one, ogni Call of Duty lancia solo l’esperienza base di un capitolo, circa il cinquanta percento di un pacchetto più ampio che nel corso di un anno vede moltiplicare i propri contenuti.
Differenza sostanziale di questa edizione è che non sarà possibile acquistare singolarmente i DLC, il che significa dover investire interamente il prezzo del season pass, il quale costo non è per nulla modesto (49,99€). Come detto sopra, già dal 12 ottobre una mappa della modalità Zombies è accessibile solo a coloro che abbiano effettuato l’acquisto del pass.
Activision, dopo il più che apprezzato passo indietro dell’anno scorso, con un nuovo gioco ambientato nei conflitti della seconda guerra mondiale, quest’anno propone un titolo che nulla ha di inedito, ma che porta con sé piacevoli cambiamenti.
Il fatto che anche la serie futuristica di Black Ops sia tornata “boots on the ground” e che abbia adottato un sistema che si allontana dagli schemi classici quanto basta per dare un sapore di novità alla serie, fa ben sperare per il futuro del marchio Call of Duty.
Difettucci ci sono ancora ma nulla di irrecuperabile con qualche patch o aggiornamento. Per il momento, quindi, il comparto tecnico è da promuovere, soprattutto, perchè fa sì che Black Ops 4 giri senza alcun intoppo sui 60 fps su Xbox One X, PS4 Pro e Ps4.
La sorella minore di casa Microsoft qualche incertezza invece ce l’ha, sganciandosi dai 60fps nelle sequenze più concitate ed esose.
Per tutte le piattaforme è previsto un downgrade grafico nella modalità Blackout, il che è ampiamente giustificato dalla dimensione della mappa e del numero elevato di giocatori in partita. Questo non ci sembra un gran sacrificio poiché la resa grafica resta comunque apprezzabile nonostante qualche dettaglio texture in meno e tenendo conto che l’esperienza che, almeno su console, si avvicina di più a quella prevista in Bo4 è PUBG , il quale sicuramente non riesce a fare di meglio.
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